10 Settembre 2023

Tempo di lettura: 2min

La responsabilità dell’informazione nei confronti della discriminazione

Gaynet

Il Consiglio D’Europa e L’Unione Europea

In base alla raccomandazione numero 5 del 2010 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sulle misure dirette a combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o l’identità di genere, gli Stati Membri dell’Unione Europea sono chiamati a combattere qualsiasi forma di espressione, in particolare nei mass media e su internet, che possa (…) fomentare o promuovere l’odio o la discriminazione nei confronti delle persone lesbiche, gay, bisessuali o transessuali. 

Nel pieno rispetto della libertà d’espressione, gli Stati Membri sono chiamati anche a sensibilizzare le istituzioni e le autorità ad astenersi da dichiarazioni che possano legittimare atteggiamenti di odio o di discriminazione. 

La definizione più aggiornata di discorso d’odio è quella elaborata dal Consiglio d’Europea nella raccomandazione del giugno 2022, CM/Rec(2022)16. 

Le norme in Italia

In Italia la Legge n. 205 del 1993, detta Legge Mancino, vieta le discriminazioni basate sulla razza, l’etnia, la nazionalità o la religione, ma non ancora quelle basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. 

L’Italia resta l’ultimo tra i Paesi fondatori dell’Unione Europea a non avere una legge in materia. 

Per i mass media, il riferimento normativo principale è il decreto legislativo n. 44 del 2010 (attuativo delle direttiva 2007/65/ CE sull’esercizio delle attività televisive), che prevede specificatamente che i me- dia soggetti alla giurisdizione italiana non possano incoraggiare discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale. 

Nel 2021 un decreto governativo ratificato in legge (Atto Senato del n. 2437) recante disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale vieta espressamente ogni forma di pubblicità discriminatoria anche quella fondata sull’identità di genere.

La deontologia professionale

Il Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’e-sercizio dell’attività giornalistica tutela il diritto all’informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto dell’essenzialità dell’informazione (art. 5), il diritto alla non discriminazione (art. 9), e la tutela della sfera sessuale della persona (art. 11). 

Il Testo unico dei doveri del giornalista si è arricchito dal 1 gennaio 2021 dell’articolo 5 bis Rispetto delle differenze di ge-nere nel quale si invita a evitare stereotipi di genere ed espressioni lesive della per- sona nella cronaca che coinvolge aspetti legati all’orientamento sessuale. 

Il campo meno tutelato è quello dei social network che, proprio per l’assenza di una legislazione specifica, è terreno e veicolo di messaggi discriminatori anche di tipo omofobico e transfobico. 

Gli incitamenti all’odio e alla discriminazione occupano ancora uno spazio rilevante nelle dichiarazioni provenienti da autorità pubbliche e rappresentanti delle istituzioni politiche ed ecclesiastiche, e sono spesso veicolate veicolate anche dai media italiani. 

In particolare, l’identificazione dell’omosessualità con un comportamento appreso o come una scelta da cui si può “guarire” o allontanarsi, è una convinzione discriminante tuttora di forte presa sull’opinione pubblica.

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