La formazione LGBTIQ nell’ambito dei media
I nostri corsi
In che senso parliamo di informazione sui temi o sulle questioni LGBTIQ?
– L’informazione LGBTIQ come valorizzazione delle differenze
L’informazione LGBTIQ riguarda tutte quelle situazioni in cui si affrontano gli argomenti legati all’identità sessuale, dove per identità sessuale intendiamo quegli aspetti che secondo la psicologia caratterizzano l’identità di ogni persona: sesso biologico, orientamento sessuale, identità di genere, espressione o ruolo di genere.
L’attuale senso comune è portato ancora a discriminare (in misura diversa nelle varie parti del mondo) le persone gay, lesbiche, bisessuali, transgender, intersessuali. Per questo motivo, il tema viene spesso affrontato scegliendo l’acronimo LGBTIQ, recepito anche dall’Unione Europea. Si tratta di una discriminazione che proviene da una concezione distorta e limitante della sessualità in generale e dei rapporti tra i sessi, incentrata sulla colpevolizzazione della corporeità e dell’atto sessuale.
– Gaynet
Il movimento omosessuale è nato storicamente come movimento di liberazione sessuale negli anni 70’ e ha condiviso battaglie importanti con il femminismo storico e con i movimenti culturali che avrebbero dato vita agli studi di genere, al netto della varie differenze teoriche.
Nel corso degli anni, è emersa con forza sempre maggiore la necessità di un’informazione inclusiva, priva di pregiudizi e ipocrisie. Contestualmente, si è iniziato a comprendere quanto fosse necessario affrontare da un punto di vista organico i temi demi della salute, della sessualità e della parità di genere. Il sessismo e la sessuofobia sono da sempre le fondamenta più profonde dell’omo-transfobia. Infine, il tabù generalizzato su tutto ciò che riguarda la sessualità ha fatto sì che il movimento omosessuale si sia dovuto far carico, dal solo, dei peggiori anni della lotta all’AIDS, in termini di informazione e prevenzione.
Gaynet nasce nel 1998 da un’idea di Franco Grillini, con il nome completo di “Italia Gay Network”. E’ un’associazione di formazione e comunicazione sui temi LGBTIQ ed opera in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti nell’ambito della formazione permanente. Il termine “Gay”, è legato nel nostro nome proprio a questo significato storico e culturale.
– Oltre il politicamente corretto
Nel senso comune, l’espressione “politicamente corretto” si riferisce all’uso di determinate parole al posto di altre. E’ bene sgomberare il campo da questo equivoco: il rispetto delle persone LGBTIQ e la pratica di un linguaggio inclusivo non passano solo per la scelta di questa o quella parola.
I nostri corsi si focalizzano sulla conoscenza degli argomenti, sull’attenzione ai contesti in cui i termini vengono utilizzati e sugli strumenti critici per una riflessione costante sui pregiudizi presenti strutturalmente nella nostra tradizione culturale.
Ciò accade perchè non abbiamo di fronte una semplice minoranza di persone, magari circoscritta da un’identità storica, culturale, linguistica, religiosa o da una particolare condizione fisica. Parliamo di caratteri costitutivi dell’individuo e di diritti umani universali.
Per quanto le persone colpite da questo genere di discriminazione siano principalmente Lgbti, esiste una vasta porzione di popolazione eterosessuale, specie di giovane età, che viene comunque colpita dal linguaggio e dagli insulti omo-transfobici, spesso usati come una clava per emarginare chi non si conforma ad un certo stereotipo maschilista di eterosessualità.
L’informazione Lgbti, quindi, riguarda prima di tutto il tema dell’identità e della libertà sessuale, il rispetto dei diritti umani legati alla corretta informazione, il riconoscimento delle differenze come valore.
– Contrastare il discorso d’odio
L’omofobia e il sessismo non sono solo violenza fisica. Si tratta larghissima parte di violenza verbale e psicologica, che comporta dinamiche di esclusione e discriminazione spesso irreparabili per chi le subisce. Stereotipi e pregiudizi sono la base del discorso d’odio, un fenomeno sul quale la competenza e la professionalità di chi fa informazione possono fare la differenza.
Secondo il rapporto FRA del 2012 (European Union Agency For Fundamental Rights), l’Italia era al secondo posto in Europa per diffusione del discorso d’odio contro le persone LGBTIQ nel dibattito politico, subito prima delle Lettonia. Per il 51% degli intervistati era molto diffuso, per il 40% abbastanza diffuso.
Il nuovo rapporto FRA 2020 mostra che in Italia solo l’8% delle persone LGBTI intervistare considera positivamente gli sforzi delle istituzioni per ovviare a questa situazione, contro una media europea del 33%. Inoltre, il 41% sostiene che l’intolleranza e il pregiudizio sono aumentati.
Anche il rapporto ILGA Europe colloca l’Italia tra gli ultimi Paesi europei. l’Italia è al 33esimo posto in relazione ai diritti e alla qualità della vita delle persone LGBTIQ su 49 Paesi tra Europa e Asia. In una scala da 1 a 100, il nostro Paese ottiene un indice del 25%, insieme a Lettonia 22%, Polonia 13%, Biolorussia 12%, Romania 18%, Moldavia 21%, Bulgaria 18%, Ucraina 19%. Peggio solo Turchia 4% e Russia 8%. Guidano la classifica Malta 92%, Belgio 72%, e Lussemburgo 68%.
La Rainbow Europe Map di ILGA-Europe compie questo monitoraggio dal 2009. Rispetto al 2018, l’Italia è scesa da un indice del 27% a quello attuale del 25%. Gli indicatori riguardano il riconoscimento dei diritti civili, la presenza di leggi contro i crimini d’odio, l’educazione nelle scuole, le tutele sanitarie e sociali.
L’Italia è in particolare l’ultimo Paese tra i fondatori dell’Unione Europea a non avere una legge che equipari odio razzista e odio omo-transfobico, necessaria per garantire la possibilità di denunciare gli episodi di omofobia. Un simile provvedimento è previsto in quasi tutte le legislazioni dei Paesi UE, eccetto Rep. Ceca, Polonia, Bulgaria. Se consideriamo i Paesi del Consiglio d’Europa, siamo in compagnia di Andorra, Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Bosnia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Kosovo, Lettonia, Lichtenstein, Macedonia, Moldova, Polonia, Romania, Russia, Svizzera, Turchia, Ucraina.
– Lavorare sugli esempi
Va chiarito che la maggior parte del linguaggio discriminatorio viene usato in buona fede, a causa della persistenza di numerosi costrutti culturali in ognuno e ognuna di noi e per la scarsa diffusione dell’informazione scientifica sull’argomento. E’ fondamentale, pertanto, liberare il campo qualsiasi logica censoria o accusatoria e lavorare sugli esempi, sul modo in cui la cronaca restituisce fatti ed eventi che riguardano le tematiche lgbti.
Le parole sono importanti. Secondo la Relazione della Commissione Joe Cox, presentata alla Camera dei Deputati il 20 Luglio 2017, 1 italiano su 4 ritiene ancora che l’omosessualità sia una malattia mentre il 43.1% ritiene che i gay siano uomini effeminati e il 38% che le lesbiche siano donne mascoline. Il 28,1% ritiene sconveniente che un omosessuale svolga la professione di medico, il 41,4% che svolga quella di insegnante. Infine, il 49,7 ritiene ancora che gli uomini siano meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche. La metafora della “Piramide dell’odio”, mostrata qui nell’immagine in fondo, chiarisce molto bene il legame tra le false rappresentazione e i fenomeni di intolleranza, fino ad arrivare ai crimini d’odio.
E’ evidente che in questa partita l’informazione gioca un ruolo cruciale. Espressioni come “delitto gay”, “festino gay” o l’uso del maschile per le persone trans MtF (Male to Female) non fanno altro che alimentare il pregiudizio.
