Siamo a Torino, nel 2020.
Un padre trova il diario del figlio quattordicenne, vi legge “mi piacciono i maschi, sono gay”. Un’onta per il padre affronta il figlio, lo schiaffeggia, gli dice che non lo vuole più in casa, che se il figlio insiste con l’omosessualità lo getta dal balcone.

Gli confisca cellulare e videogiochi, si fa dare le password dei social. Inizia a costringere il figlio a prove di forza, a prove di virilità, convinto di poterlo cambiare, di poterlo fare diventare etero. Per modificarne l’orientamento sessuale  lo costringe a correre nudo in piena notte, mostrandogli i genitali per provare la propria virilità. Lo costringe a farsi crescere la barba, a vestirsi “da maschio”. Poi gli dà un ultimatum: ha un mese di tempo per mostrargli prove evidenti di essere andato a letto con una ragazza

Il ragazzo chiede consiglio allo psicologo della scuola, che che avvisa la polizia. Il ragazzo viene allontanato da casa, affidato a un’altra famiglia. Il padre viene accusato dalla procura di violenze e maltrattamenti la madre di non essere intervenuta per impedire violenze e pressioni psicologiche.

Vengono processati, lui condannato a due anni lei a un anno e quattro mesi di detenzione. Entrambi i genitori hanno deciso di partecipazione a un percorso psicologico presso una struttura autorizzata e, per questo, la pena è stata sospesa.

Secondo il Rapporto della Commissione Joe Cox in Italia, nel 2017, il 25% della popolazione considera l’omosessualità  ancora una malattia, che si può cambiare, rieducare, correggere, curare anche se l’organizzazione mondiale della sanità ha stabilito nel 1990 che l’orientamento sessuale e l’identità di genere facendo parte integrante dell’identità della persona, non si scelgono e non si possono cambiare.

Finché si continua a dare credito alla retorica della devianza, ad affermare che l’omosessualità è una minoranza, da tollerare, ma sempre una deviazione dalla norma etero, casi come questa coppia d genitori torinesi sono destinati ad aumentare, a trovare dignità, a trasformare il pregiudizio, l’ignoranza e la superstizione in feroce arroganza, in barbara violenza patriarcale, tossica, machista, che può spezzare lo spirito di qualunque adolescente non importa quanto forte o resiliente.

Solo fornendo la giusta informazione, reagendo con fermezza contro queste opinioni irrazionali e violente possiamo creare un ambiente più rispettoso, per tutte le persone, qualunque sia il loro orientamento sessuale, la loro identità di genere.

Solo costruendo una rete di saperi condivisi, di assistenza e solidarietà possiamo difenderci e difendere dall’odio che nasce sempre da chi ci vuole ignoranti, senza informazione, vittime dei pregiudizi e degli stereotipi.

Non rimaniamo in silenzio, non guardiamo dall’altra parte. Parliamo, reagiamo, contribuiamo a sostenere una legge che dica una volta per tutte che l’orientamento sessuale non si cambia, si rispetta.